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Dopo l’abolizione del feudalesimo (1836), la Sardegna, veniva trascinata verso l’annessione o "fusione" con il Piemonte (1847). IL popolo sardo veniva così defraudato di quell’antica Autonomia Costituzionale che ancora conservava e che strenuamente aveva difeso contro tutte le dominazioni straniere, compresa quella piemontese. La povera gente non aveva certo dimenticato le persecuzioni subite da parte del poliziesco governo piemontese, intese a liquidare quanti avevano preso parte alla ribellione popolare nell’aprile del 1794, conclusasi con la cacciata dei piemontesi dall’isola, e alla successiva insurrezione antifeudale e antipiemontese intrapresa da Giovanni Maria Angioy nel giugno 1796.

La repressione, che a partire dal 1797 e sino al primo ventennio del secolo successivo, perseguitò il popolo sardo era stata terribile. In molte contrade della Sardegna si viveva nel terrore, processi economici, esecuzioni sommarie, una forca venne costantemente tenuta in evidenza nei maggiori centri dell’isola. Galere, persecuzioni, latitanze politiche ed esilio volontario per coloro che avevano sufficienti mezzi per poter riparare all’estero. Una grave depressione economica e culturale sorprese la Sardegna alcuni decenni più tardi (1847- 1848) quando le popolazioni sarde in preda alla fame e alla più squallida miseria, furono poste di fronte ai problemi avanzati dal totalitario governo piemontese, in ordine alla politica di unificazione dell’Italia, condotta ovviamente, secondo i sistemi propagandistici predisposti dalla Casa Savoia.

In quel frangente, il governo piemontese, __ attraverso una legge emanata il 15 aprile 1851 ma decorrente dal 1° gennaio 1853 __introduceva un nuovo regime tributario, che aboliva tutte le imposte fino ad allora pagate dai sardi allo stato Savoiardo. Si trattava di tributi istituiti in epoche diverse e con diversi criteri, come attestavano le loro stesse denominazioni: donativo ordinario e straordinario, ecclesiastico e laicale, sussidio ecclesiastico, contributo ponti e strade, contributo paglia, contributo torri, prestazioni pecuniarie surrogate alle feudali ecc. A partire dal 1° gennaio 1853 erano state abolite "almeno sulla carta" anche le decime sui raccolti che venivano pagate alla Chiesa.

Tutte le imposte abolite vennero sostituite dall’imposta FONDIARIA, che doveva pagarsi sui beni immobili, in proporzione al reddito imponibile, con un’aliquota che per le 11 province nelle quali la Sardegna era allora divisa, era stata stabilita al 10%, pari cioè a quella stabilita per le ricche province continentali di Torino, Milano e se vogliamo di tutto il nord Italia; mentre l’aliquota media applicata in 37 province del continente era appena del 6%. Per di più venne stabilito un contingente fisso, ovvero fu predeterminata la somma che doveva essere comunque riscossa, a costo dell’aumento dell’aliquota già applicata. Questo contingente venne prima aumentato di 800.000 lire necessarie per la retribuzione __ in misura del tutto insufficiente, __ del clero, quindi venne ulteriormente elevato con l’aggiunta dei decimi di guerra e di un ultracontingente.

Alla base di questa imposizione c’era il catasto, compilato dopo una non precisa misurazione delle singole proprietà, ma a vista, e con dati relativi alla intestazione, alla coltura ed al reddito di ciascuna particella forniti, quando non vi avesse provveduto direttamente il proprietario da due periti incaricati dal Comune. Da qui nascevano una serie di errori sia di intestazione che di misurazione che come qualcuno scrisse, che terreni che non avevano mai prodotto un filo d’erba perché sterili e persino vere pietraie, venivano classificati come terreni produttivi, perciò passibili di imposta.

Per la correzione di tutti questi "errori " era prevista una particolare procedura, piena di cavilli e balzelli burocratici, tanto, che molti piccoli proprietari alla fine vi rinunciavano, e quando qualcuno riusciva a farsi esonerare dal pagamento delle imposte non dovute, non faceva altro che aggravare la posizione degli altri, dal momento che, come abbiamo sottolineato prima, la cifra che il governo doveva comunque riscuotere era già stata predeterminata.

Un altro grosso problema si manifestò in quelli anni quando si decise della destinazione da dare ai terreni degli ex Demani Feudali , su cui la popolazione _ specialmente la povera gente _ esercitavano alcuni usi civici ( i cosiddetti diritti ademprivili ) che consistevano nei diritti di pascolo, di legnatico e in molti casi anche di coltivazione, senza dover corrispondere nessun compenso. Tutti questi diritti vennero aboliti attraverso una legge emanata il 23 aprile 1865, in base alla quale, l’uso di quei terreni venne considerato un reato contro il patrimonio demaniale.

Con l’abolizione dei diritti ademprivi, la povera gente perdeva una delle più importanti fonti di sostentamento, ed il malcontento fra i contadini ed i pastori fu enorme. In diversi centri dell’Isola ci furono tumulti e manifestazioni d’intolleranza; nell’aprile del 1868 a Nuoro ci furono i moti de ( SU CONNOTU ) nel corso dei quali i poveri contadini invasero il municipio, dando alle fiamme vari documenti, tra i quali i registri delle lottizzazioni di quei terreni.

Particolarmente gravosa era l’imposta sulla casa, in quanto quella dei poveri contadini sardi __ a causa della scarsa sicurezza delle campagne, del frazionamento delle proprietà e dei cicli produttivi imposti dal clima torrido e secco __ era sempre accentrata in piccoli o grossi agglomerati o villaggi. Perciò il contadino sardo non poteva godere di tutte quelle agevolazioni previste per le case rurali dell’Italia settentrionale, che a differenza della Sardegna erano sparse nelle campagne, ed alle quali il governo aveva pensato nel varare una legge tanto iniqua per tutto il Mezzogiorno del continente, ma in particolar modo per la Sardegna.

Le povere catapecchie costruite in " LADIRI " mattoni fatti di fango e paglia, venivano così abbandonate dai proprietari, che non erano in grado di pagare le esorbitanti tasse. Non ci deve perciò sorprendere se nel periodo tra il 1° gennaio 1870 ed il 31 dicembre 1894 solamente in provincia di Sassari vennero espropriati e devoluti al demanio per debito di imposte 13.639 terreni e 2.200 fabbricati per un valore complessivo di 1.248.960 lire. Ma ancora più tragica era la situazione in provincia di Cagliari, in quanto nello stesso periodo si ebbero 36328 espropri di terreni e 3629 di fabbricati, per un valore complessivo di quasi tre milioni, cifre che acquistano una realtà tanto drammatica se confrontate con quelle molto più basse relative agli espropri effettuati dal Demanio in tutto il resto d’Italia; in Sardegna si arrivò ad avere un esproprio ogni 14 abitanti, a fronte di uno ogni 27.000 effettuati nelle opulente regioni del nord Italia.

Lo spettro della fame e della carestia imperversava tra la povera gente
Lo spettro della fame e della carestia imperversava tra la povera gente

Ad aggravare questa pesante situazione contribuivano le imposte locali e gli agi esattoriali, sempre più gravi, tanto da far rimpiangere i vecchi tempi, quando molte imposte venivano pagate in natura. Adesso invece le tasse bisognava pagarle in contanti e a scadenze rigidamente determinate, costituendo così un ulteriore aggravio per i poveri contadini, che per poter far fronte al fisco, erano costretti a vendere il loro raccolto, in periodi in cui i prezzi erano molto più bassi, quando gli stessi non l’avessero già venduto direttamente sul campo, a strozzini ed usurai.

Oltre le imposte, i poveracci dovevano fare i conti anche con le calamità naturali, quali la siccità, gli incendi "molti dei quali dolosi " le cattive annate e le alluvioni, come successe in quel 1881 quando dopo la terribile siccità, che compromise l’intero raccolto, __ " s’annada maba - s’annu de su fami " così quell’anno veniva ricordato __ si scatenarono le piogge torrenziali che in tutta la provincia di Cagliari causarono la totale distruzione di moltissime abitazioni.

In questo clima di povertà, di incertezza e disperazione da noi sommariamente illustrato, il 7 agosto 1881 nel paese di Sanluri, scoppiò una sommossa popolare contro il carovita e gli abusi fiscali, (SU TRUMBULLU DE SEDDORI ) che mise in subbuglio l’intera popolazione. Il fatto suscitò notevole apprensione in tutta l’isola e in gran parte della terra ferma, specialmente dopo le gravi conseguenze giudiziarie .

<nota; quest’articolo e tratto da uno scritto più ampio pubblicato in studi storici e giuridici in onore di A. Era > Padova: CEDAM 1964

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